Invito alla Fête Galantes
Invito alla Fête Galantes di Verlaine
(con incisioni di Carla Tolomeo)
Milano, Sciardelli, 1989
Invito alla lettura
(Da Invito alle Fêtes Galantes)
E se Paul Verlaine fosse un grande poeta? Schiacciato fra Rimbaud e Mallarmé, fra l’assoluta sete di perdizione dell’angelo veggente e le metafisiche scommesse del giocatore di dadi, non si può dire che il pauvre Lélian abbia goduto una fortuna critica paragonabile a quella degli altri due epigoni di Baudelaire. Gli s’imputava la mancanza d’un nucleo ideologico che non fosse l’equivoco e morbido cattolicesimo; un arrendersi senza condizioni alle lascivie della melodia: un manco d’audacia nel rifiutare di farsi alchimista del verbo o teologo del nulla; infine, soprattutto nei suoi ultimi anni, l’incontinenza e la corrività nello scrivere come nel bere…
In effetti, a confronto col mercante d’armi, consunto della cancrena, in marcia dannata su per le ambe dell’Abissinia; e col professore d’inglese, inappuntabile e sofistico genio del luogo, tutti i martedì, all’87 di Rue de Rome… a confronto con quegli eroi di vertiginose benché perdute vittorie, cosa avrebbe potuto dirci di nuovo e di meglio (su noi, sul senso della nostra vita) quel terzo re Mago ubbriacone e vagabondo, ospite intermittente ma recidivo di ospedali e prigioni; quell’uomo dalla barba lunga, dai modi molli e irosi, dalle mani tremanti? Il quale non faceva che scarabocchiare versicoli di querula e sarcastica vena, con un mozzicone di matita, seduto al tavolo di marmo d’un bistrò, senza far caso se il foglio gli s’inzuppasse nell’unto rotondo d’un bicchierino d’assenzio… Consumando lentamente la sua agonia letteraria, di cui la memoria non conserva più di due schegge: un incipit rivolto a Philomène Boudin:
Hélas! Tu n‘es pas vierge ni
Moi non plus…
e un distico che a taluno nostro uomo politico odierno risulterebbe indigesto:
Garibaldi m’ennnuie
Comme la pluie…
[…]