Cere perse
Cere perse
Palermo, Sellerio, 1985
Invito alla lettura
Nel “tempo di edificare” che è stato, per la letteratura italiana, augurio e presagio di Giuseppe Antonio Borgese, nel suo realizzarsi tra gli ultimi anni del fascismo e quelli del dopoguerra, sembrò che “capitoli”, “elzeviri”, “cose viste” e insomma tutto ciò che specialmente aveva trovato e trovava luogo nelle due prime colonne della terza pagina dei giornali fosse da dare pietre a sotterrarli ancora. Ci si è accorti poi che anche i “capitoli”, gli “elzeviri”, le “cose viste” – non sempre, si capisce, e non tutti – erano parte dell’edificare, dell’edificio (che finirà con l’apparire molto più saldo e vasto e ricco di quanto si credeva e ancora si crede). Cecchi e Praz cominciano ad essere ristampati, con sorpresa e godimento da parte del pubblico più giovane.
A questa linea, che tout court possiamo dire del miglior saggismo, appartengono le cose che Bufalino raccoglie in questo volume e che, nella varietà delle occasioni e dei temi, è di una straordinaria e felice coerenza. Vi si avverte pienamente una matura fedeltà a se stesso, una capacità di sicuro e affilato giudizio sui libri, sulle cose dell'arte e della vita, sugli avvenimenti tragici del nostro tempo e a volte faceti (impagabile è lo scritto sul modello 740); e sempre con una vena di limpido e sereno scetticismo, di ironia e di autoironia. Vi si può anche cogliere, come in una mappa, il retroterra degli altri suoi libri – apparsi improvvisamente in questi ultimi anni e che, quasi in eccezione a quel che di solito accade, hanno subito avuto giusto riconoscimento – ma è, soprattutto, un libro in sé godibilissimo; del godimento particolare che dà la letteratura quando l’intelligenza e lo spirito (si è tentati di dire l’esprit) vi si intessano.
Titolo | Traduttore | Note editoriali | Paese |
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Cires perdues | Jacques Michaut-Paternò | Paris, Julliard, 1991 | Francia |