Rondò della felicità
Rondò della felicità
(con tre acqueforti di Piero Guccione)
Trento, La corda pazza, 1991
Invito alla lettura
Elogio delle edizioni private
Viviamo – parola di Benjamin – in un’epoca sacra alla riproducibilità illimitata dell’opera d’arte, un’epoca che moltiplica democraticamente le copie ma svilisce in qualche modo gli originali. Svilisce? Non si direbbe, considerando certe licitazioni da capogiro nelle ultime aste di Sotheby’s.
Sarà allora più equo riconoscere che, quanto più un’opera prolifica e si dissemina in immagini sostitutive, tanto più l’archetipo assume, nella sua vulnerabile unicità, crisma e carisma di idolo, secondo un teatro di gesti dove volta a volta giocano superstizione e storia, economia e vanità.
Ciò vale nel dominio delle belle arti; assai meno in quello della letteratura, dove il destino d’ogni esemplare di libro è di essere identico a se medesimo (salvo il caso di manoscritti rari e di incunaboli introvabili come francobolli sbagliati).
Vero è che un autore che aspiri, com’è costume diffuso, ad attingere il più alto numero di lettori possibile, difficilmente s’accorge (e soffre) della promiscuità non sempre felice a cui le sue pagine, divulgandosi, si condannano.