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Submitted by admin on 30 September 2019
traduttore
Patrick Creagh
note
London, Harvill
anno
2000
paese
Gran Bretagna
opera

Tommaso il fotografo cieco

Gesualdo Bufalino - Tommaso il fotografo cieco

Tommaso e il fotografo cieco ovvero Il Patatràc
Milano, Bompiani, 1996

Invito alla lettura

Composizione: fra un’anestesia e l’altra, fra un by-pass e l’altro, per allegria.

Genere: un grottesco di chiacchiera e azione. Altrimenti: un non-romanzo travestito da iper-romanzo, e viceversa.

Argomento: un giornalista con ambizioni di scrittore abbandona per confusi motivi esistenziali il lavoro, la famiglia, gli amici, esiliandosi nel seminterrato d’un grande condominio metropolitano. Qui diviene spettatore, attore e cronista di molte peripezie, fino a uno scioglimento finale che ribalta gli eventi e insinua taluna illazione metafisica e morale.

Struttura: un serpente che si morde la coda: quando tutto sembra finire, tutto sembra ricominciare. Per usare parole grosse, il paratesto entra nel testo e lo confuta. Col maleducato proposito di scoraggiare la credulità del lettore.

Personaggi: marionette per un teatro da camera, mosse da un filo visibile: metà ombre, metà cose salde.

Luogo: una Roma esangue, fondale dipinto di cui si utilizzano, per pura fascinazione fonica, le più comuni mitologie toponomastiche.

Tempo: più o meno contemporaneo, con una banda di oscillazione d’una decina d’anni. Diciamo fra il 1990 e il 1999.

Lingua: a macchie di leopardo, sontuosa e bassa, così da adeguarsi alla natura dell’io relatore, cliente abituale dell’aula e del trivio.

 

(Da Tommaso e il fotografo cieco)

REFERENZE

Giovedì, 10 agosto.

Da ragazzo mi piaceva il rumore della pioggia. Soprattutto al mattino, nel dormiveglia, quando confusamente, fra i vapori d’un sogno grigioferro, la sentivo insinuarmisi nelle orecchie con lo strepito d’una voliera; ovvero simulare uno scalpiccio di piedi, di molti piedi, come per una marcia longa o un si salvi chi può.
”Ci siamo, piove!” sentivo una voce senza suono parlarmi. Nulla più d’un semplice annunzio, ma bastevole a suscitarmi uno stato d’inquietudine allegra, una specie di snebbiamento dei sensi… I quali, liberi ormai dai fantasmi della notte, offrivano ai primi albori della coscienza una golosa e placida pulizia della mente. Sapevo che c’era ora di alzarsi, di lavarsi, di vestirsi, ma ero troppo tentato di giocare ancora un poco con gli ultimi battibecchi di gocciole e vetri, accordandone le cadenze a una musica mia di dentro, ora precipitosa ora grave, ora da rock ora da messa cantata. Fino a ritrovarmi seduto sulla sponda del letto, in atto di dirigere coi due monconi di mano che m’uscivano dalle maniche del pigiama un’invisibile orchestra.
Frattanto era spiovuto, nuovi pentagrammi un sole neonato veniva scrivendo veniva scrivendo attraverso gli spiragli della persiana sul pavimento. Ero più vecchio d’un giorno e ne ero felice.
[…]

Riedizioni e ristampe

Milano, “Tascabili Bompiani”, 2003, prefazione di Stefano Giovanardi.
Milano, Tascabili Bompiani, 2016.
copertina