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Shah mat

Gesualdo Bufalino - Shah mat

Shah mat. L'ultima partita di Capablanca
A cura di Nunzio Zago
Milano, Bompiani/Fondazione
Gesualdo Bufalino, 2006

Pubblicato in edizione limitata e fuori commercio per il decennale della scomparsa dell'Autore.

Invito alla lettura

(Da Shah mat)

Ormai gli succedeva sempre più spesso di parlare tra sé e sé. Erano mezze frasi, borbottii indistinti, sospiri e spurghi rauchi di gola, utili a regalargli, se non una pulizia definitiva, uno sgombero momentaneo del cuore. Tutt’altra cosa dalle effusioni a lingua sciolta di penitenti e pazienti sul lettino dell’analista e alla grata del confessionale. In lui, viceversa, un compiangersi, un incitarsi, un lodarsi, un insultarsi smozzicato e franto: tal quale, accompagnando ogni colpo con un gemito o un urlo, fanno udire talvolta i giocatori di tennis. A quel modo, una sera all’hotel, in attesa dell’ascensore, egli si veniva apostrofando da solo, senza accorgersi o curarsi della cameriera negra, ginocchioni laggiù con mastello e strofinacci, troppo stanca per far caso ai capricci della sua voce.
L’ascensore segnava “occupato” da un pezzo. Ne profittò per guardarsi nello specchio del corridoio, uno di quegli specchi incorniciati di foglie d’oro, alti dal pavimento al soffitto, che in certi grandi alberghi dissimulano gl’ingressi e frastornano i clienti novizi. Ciò che vide non gli piacque: una faccia lunga, larga, voluminosa, dove le borse degli occhi, le ventole delle orecchie, la tracotanza degli zigomi e del naso, incombenti su labbra ghiotte e crudeli, parevano sbozzati da uno scalpello malevolo.
Un gran brutto ritratto, si disse. Fin troppo discreto nel denunziare una precoce vecchiezza e i guasti della salute. D’istinto strinse le palpebre e con una correzione veloce sovrappose a quelle deformità l’immagine giovinetta che si portava dietro in più copie, da distribuire nei dopopartita ai collezionisti d’autografi..
Che singolare vizio-virtù, il suo, manipolare le sembianze del presente, ora retrocedendolo ai propri principii, ora spostandolo profeticamente in avanti… Lo stesso dono, una specie di terzo occhio, che gli consentiva, davanti alla scacchiera, così di riandare a memoria le sequenze della partita come d’anticipare gl’intrecci possibili d’ogni progetto avversario e di contrastarli. Si vuol dire meglio: una casa di due stanze era la sua mente, comunicanti attraverso una porta ch’egli apriva e chiudeva a piacere. Talché bastava passare dall’una all’altra per commutare la vista in visione e viceversa.
[…]