Diceria dell'untore
Audiolettura
Diceria dell'untore
Palermo, Sellerio, 1981
Premio Campiello 1981
Invito alla lettura
Nel 1946, in un sanatorio della Conca d’oro – castello d’Atlante e campo di sterminio – alcuni singolari personaggi, reduci dalla guerra, e presumibilmente inguaribili, duellano debolmente con se stessi e gli altri, in attesa della morte. Lunghi duelli di gesti e di parole; di parole soprattutto: febbricitanti, tenere, barocche – a gara con il barocco di una terra che ama l’iperbole e l’eccesso. Tema dominante, la morte: e si dirama sottilmente, si mimetizza, si nasconde, svaria, musicalmente riappare. E questo sotto i drappeggi di una scrittura in bilico fra strazio e falsetto, e in uno spazio che è sempre al di qua o al di là della storia – e potrebbe anche simulare un palcoscenico o la nebbia di un sogno...
"Ingegnoso nemico di me stesso", finora sfuggito a ogni tentazione e proposta di pubblicare, uomo, insomma, che ha letto tutti i libri senza cedere a pubblicarne uno suo, Gesualdo Bufalino – professore a Comiso, oggi sessantenne – è con questa Diceria al suo primo libro. Scritta negli anni, come lui dice, "della glaciazione neorealista", questa contemplazione viene alle stampe in un tempo meno gelido, più sciolto e più libero perché sia giustamente apprezzata.
(Da Diceria dell’untore)
O quando tutte le notti - per pigrizia, per avarizia - ritornavo a sognare lo stesso sogno: una strada color cenere, piatta, che scorre con andamento di fiume fra due muri più alti della statura di un uomo; poi si rompe, strapiomba sul vuoto. Qui sporgendomi da una balconata di tufo, non trapela rumore o barlume, ma mi sorprende un ribrezzo di pozzo, e con esso l’estasi che solo un irrisorio pedaggio rimanga a separarmi… da che? Non mi stancavo di domandarmelo, senza però che bastasse l’impazienza a svegliarmi; bensì in uno stato di sdoppiata vitalità, sempre più rattratto entro le materne mucose delle lenzuola, e non per questo meno slegato ed elastico, cominciavo a calarmi di grotta in grotta, avendo per appiglio nient’altro che viluppi di malerba e schegge, fino al fondo dell’imbuto, dove, fra macerie di latomia, confusamente crescevano alberi (degli alberi non riuscivo a sognare che i nomi, ho imparato solo più tardi a incorporare nei nomi le forme).
[…]
Titolo | Traduttore | Note editoriali | Paese |
---|---|---|---|
Perorata del apestado | Joaquín Jordá | Barcelona, Anagrama, 1983 | Spagna |
Le semeur de peste | Ludmilla Thévenaz | Lausanne, L'âge d'homme, 1985 | Svizzera |
The plague sower | Stephen Sartarelli | Hygiene (Colorado), Eridanos Press, 1988 | Stati Uniti |
El sembrador de pesta | Xavier Riu | Barcelona, Edicions de la Magrana/Edicions 62, 1989 | Spagna [lingua catalana] |
Le semeur de peste | Ludmilla Thévenaz | Paris, Ch. Bourgois, 1989 | Francia |
Das Pesthaus | Karin Fleischanderl | Frankfurt am Main, Suhrkamp, 1990 | Germania |
Koortsdromen | Wilfred Oranje | Amsterdam, Contact, 1991 | Olanda |
A dança da morte | Simonetta Neto | Porto, Asa, 1994 | Portogallo |
The plague-spreader's tale | Patrick Creagh | London, Harvill, 1999 | Gran Bretagna |
O disseminador da peste | Ana Maria Carlos | São Paulo, Berlendis & Vertecchia, 2001 | Brasile |
La perorata del apestado | Yolanda González Pacciotti | Santa Fe de Bogotá, Norma, 2001 | Colombia |
Govorica okuzevalca | Natasa Kos | Ljubljana, Studentska zalozba, 2004 | Slovenia |
Perorata del apestado & Argos el ciego | Joaquín Jordá | Barcelona, Anagrama, 2013 | Spagna |
Le semeur de peste | Ludmilla Thévenaz | Paris, Cambourakis, 2020 | Francia |
Opowieść siewcy zarazy | Elżbieta Jogalla | Kraków, Wydawnictwo Austeria, 2023 | Polonia |